La devozione di Rosa Ferrari

La devozione di Rosa Ferrari

I cannesi farebbero di tutto per abbellire il Santuario della Madonna del Soccorso. Per esempio ci sono le maioliche donate dai devoti con le loro firme. Accanto alla statua della Vergine staziona spesso una minuta figura, la custode del tempio. Prega, veglia, da una spolveratina. La devozione di Rosa Ferrari per la Madonna iniziò quando aveva 11 anni, ora ne ha 85. Chiese le chiavi al parroco. Voleva pregare per la guarigione del padre ammalato. E il parroco le lasciò le chiavi per sempre. Ogni giorno, per più di 60 anni, è salita al santuario per accendere la lampada votiva a olio. Da un po’ di tempo la lampada non c’è più e allora la vecchina sale anche se non c’è niente da fare, più che altro per stare con la Madonna. A chi arriva qui, ricorda la volta che l’aveva fatta arrabbiare. Non ci voleva più venire alla Cappella. E allora la Vergine le apparve in sogno: “Sei sempre stata con me. Perché mi vuoi abbandonare? Devi tornare”.

Ernesto Pirrone

Ernesto Pirrone

Emigrato in Belgio nel ’69, ha lavorato nelle miniere di Beringen. Tutta la vita a tirar su carbone dalle tenebre, a 800 metri dalla luce. Oramai la sua vita è oltre confine ma due mesi all’anno, d’estate, le passa sempre al paesello. Riproduce statuette della Madonna del Soccorso, di cui Ernesto, come tutti i cannesi, è devoto. “Sono in gesso. Le faccio per devozione e per chi me le chiede”. Una l’ha sistemata sull’altare in una chiesetta del Limburgo. E adesso la Madonna del Soccorso che corre in aiuto dei bisognosi, bambino in braccio, piede e bastone contro il demonio, la conoscono anche in Belgio.

Sciòzz, il ballo di origini oscure

C’è un ballo a Canna, lo sciòzz, che non troverete da nessun’altra parte. Non lo conoscono a Rocca imperiale e a Nocara che stanno a un tiro di schioppo. Ballo di origini oscure arrivato coi francesi, un musicologo dice dalla Spagna. Anticamente lo chiamavano catt’r, quattro, perché si tratta di una danza camminata che si fa in quattro, sottofondo di fisarmonica, chitarra, violino, batteria. Anche se in paese sono in molti a saperlo ballare, si suona raramente, al matrimonio di qualche coppia cannese. La Banda la suona ogni tanto, soprattutto durante il giro di questua, un'allegra marcetta a ritmo di batteria. Il Maestro Tufaro ha scritto le partiture del ballo, dunque in futuro potrebbe entrare nel repertorio.

La Banda Antonio Lufrano

La Banda Antonio Lufrano

Nata da un gruppo di musicisti cannesi nel 1922, la Banda Antonio Lufrano ha da poco festeggiato il secolo. Presieduta da Valentino Michele, vi fa parte una ventina di cannesi, anche alcuni giovani. Ognuno suona uno strumento diverso e dunque, coi soli cannesi, la banda è in grado di coprire l’intero repertorio. Servono rinforzi dai paesi vicini solo in occasione delle cerimonie religiose, quando si raggiungono i 30-35 elementi. Il 16-17 agosto in particolare, con la festa della Madonna del Soccorso e di San Rocco, la banda suona quasi a ciclo continuo, per due giorni di fila. Tutto il paese aiuta la banda: i berretti li fa la famiglia Lufrano, i marsupi porta libretti sono donati dal frantoio Panarace, le cravatte da qualcun altro.

Il regno di Mister Green

Tra le vigne di Saverio Drogo c’è un grande orto bio. È il regno di Giovanni Ferraro detto Mister Green. Abita qui, in un casolare. Non si muove quasi mai. Si alza prestissimo per azionare la forca-vanga. Niente mezzi meccanici, niente diserbanti. Giovanni è una sorta di eremita, tipo solitario, poco incline alla socializzazione. Tra le zolle dell’orto mette sostanze organiche, comprese le vinacce e così crescono verdure 100% bio: cavoli, broccoli, legumi, fave, piselli, pomodori, peperoni, melanzane.

Antonio, l’occhio di Canna

Antonio, l’occhio di Canna

Antonio di Leo, è l’occhio di Canna. Fotografo per passione, immortala il paese da anni con obiettivi e telecamera. Recentemente al Palazzo delle Culture, si è tenuta una sua mostra fotografica. Ha dissotterrato angoli e situazioni più reconditi del paese. Accantonato il mestiere di insegnante a Brescia, arrivato alla pensione, Antonio passa l’intera estate nel paese delle origini.

Nei capillari di Canna

Per entrare nei capillari di Canna fino ad alcuni anni fa andava in scena un percorso eno-gastronomico nel centro storico. Dopo una piccola offerta d’ingresso, si camminava e si degustava. Piatti locali preparati dalle donne di Canna, totalmente vegetariani per valorizzare i genuini prodotti della terra. Erano soprattutto le anziane, sugli usci di casa, ad allungare i fumanti piatti ai passanti. Coi guadagni non si è arricchito nessuno. Sono serviti ad acquistare materiale didattico per le scuole del paese.

Il periodo della vergogna

Fino ad alcuni anni fa a Canna c’era una strana usanza. Dopo essersi sposati ed aver consumato, iniziava per i novelli sposi il “periodo della vergogna”. Per una settimana non potevano uscire di casa. Otto giorni dopo, un allegro corteo col sottofondo di violino, fisarmonica e chitarra, portava i regali alla sposa, grano soprattutto. Davanti i musicisti, dietro gli asini coi sacchi di grano infiocchettati e poi la gente. Se gli sposi uscivano prima del tempo, venivano subito redarguiti: “Che ci fate qua? Non dovete essere a casa a “vergognarvi?”

I libri di Antonio Maffei

I libri di Antonio Maffei

Oltre a esplorare ogni pertugio della natura cannese in cerca di piante, qualche volta Antonio Maffei si siede a un tavolo a tirare il fiato. Raccoglie le idee. E poi scrive. Se amate le piante, sondarne le più recondite pieghe, potete sprofondare nella lettura della Flora del territorio di Canna, tra curiosità, leggende e storie di alberi, il libro che Antonio ha mandato in stampa un paio di anni fa. La sua seconda fatica, Le piante raccontano, storie ordinarie e straordinari eventi naturali a Canna, sta per vedere la luce.

Baby star

Cesare, il figlio di Francesco, oggi diciottenne, nel 2011 era una baby star di sei anni, un attore in erba col faccino da Hanry Potter. Fu scelto dopo tre lunghi mesi di selezione nel ruolo di Davide nella celebre fiction Rai “Che Dio ci aiuti”. È stato anche il giovane Raffaello nel docufilm di Sky sulla vita del pittore. Adesso ha 19 anni. Studia musica jazz. Suona la batteria. Segue il teatro e il cinema. E farà presto l’Università.

L’incendio del 1988

Ai primi di agosto del 1988 un muro di fuoco incendiò il cielo di Canna. Il devastante incendio, forse doloso, procedeva indisturbato verso il paese. Gli abitanti osservavano impotenti. In poche ore andò in cenere ciò che la natura aveva creato nei secoli: querce secolari, pini giganti, la lussureggiante macchia mediterranea. Anche la fauna subì un lutto di pare nefandezza. Trentacinque anni dopo la natura si è ripresa il territorio. Le varietà botaniche continuano a proliferare. Sembra non sia successo nulla. Come monito, restano sinistri alberi spogli.

Grano e farina

Grano e farina

Il territorio di Canna è da sempre consacrato alla coltivazione del grano di qualità. I cannesi lo macinavano nei mulini e ottenevano la farina. Fino alla metà del secolo scorso ogni famiglia aveva il proprio forno ed era autonoma per la produzione di pane e pasta. Nessuno anziano di Canna ricorda pane che non fosse fatto di farina di grano. Era segno di benessere, di ricchezza. Nei poveri paesi di Calabria invece, il grano era un lusso e così usavano farina di ceci, di mais, castagna.

La biblioteca dispersa

Fino a una cinquantina di anni fa, in un palazzo del centro storico (diventerà albergo diffuso), esisteva una sterminata biblioteca, oggi dispersa. Apparteneva a Francesco Campolongo, magistrato, presidente della Corte d’Appello di Trani che visse qui a più riprese. Un centinaio di metri di libri che avrebbero fatto la felicità di qualunque biblioteca universitaria. Monografie, testi di filosofia, di diritto, tra cui il Principio di diritto amministrativo di Santi Romano e una preziosa seconda edizione de La logica per gli giovinetti dell’abate-filosofo Antonio Genovesi. Parte della biblioteca si è salvata grazie al nipote del magistrato, Roberto Campolongo.

Arte sartoriale

Arte sartoriale

A piazza Mercato, dove oggi si trova il Panificio Faraldi, c’era una volta la bottega di Vincenzo Settembrini, sarto cannese morto una trentina d’anni fa. È qui che ha appreso l’arte sartoriale Antonio Buongiorno. Il sarto di origini cannesi, oggi 83enne, ha aperto nel 1983 la sartoria a Zug, in Svizzera. Ha collaborato con marchi come Zegna e Brioni, a volte intervenendo persino sui modelli. Il passato però Antonio non lo dimentica. Quando abbandonò la natia Canna e arrivò per la prima volta in Svizzera, senza un soldo, senza conoscere la lingua, si sentì perduto.

Raffinati intellettuali

Raffinati intellettuali

La piccola Canna ha sfornato tra gli anni ’60 e ’80 menti elevate, raffinati intellettuali. L’alto tasso di scolarizzazione del dopoguerra ha generato primari, funzionari, dirigenti di alto livello, professori universitari tra cui Francesco Moliterni, professore di diritto all’università di Taranto e il procugino Alfredo Moliterni, professore di diritto amministrativo alla Sapienza di Roma, il cui padre è nativo del paese. Origini cannesi ha anche il cardiologo Giovanni La Canna, ex responsabile dell’unità coronarica del San Raffaele di Milano. Molti giovani cannesi hanno inoltre fatto fortuna lontano dalle radici.